Intolleranze alimentari e gelato: quali sono le soluzioni?
Per intolleranza si intende la reazione anomala dell’organismo ad una sostanza estranea, non mediata dal sistema immunitario.
Le intolleranze alimentari si distinguono dalle allergie alimentari per l’impossibilità di dimostrare la presenza di anticorpi della classe IgE.
Possono essere causate da diversi fattori propri dell’alimento (non unicamente proteine) come contaminanti tossici (ad es. tossine presenti nei funghi), da proprietà farmacologiche/attive dell’alimento (presenza di istamina o tiramina in pesci, crostacei o formaggi stagionati, solfiti in bevande fermentate, etc) o da condizioni patologiche proprie del soggetto, come affezioni gastrointestinali croniche (es. sindrome del colon irritabile)
La sintomatologia è prevalentemente gastrointestinale e solitamente ritardata rispetto a quanto non avvenga per le allergie.
Esempi comuni di intolleranze alimentari sono:
- Contaminazione degli alimenti con microrganismi (es. batteri) e i loro prodotti come le tossine. L’ingestione di carne contaminata qualche volta può dar luogo ad una reazione all’alimento simil-allergica.
- L’istamina può raggiungere livelli elevati nei formaggi, in alcuni vini e in certi tipi di pesci (in particolare il tonno e lo sgombro, specialmente se conservati ad alte temperature). Se qualcuno mangia uno di questi alimenti con alti livelli di istamina, quel soggetto può avere reazioni che ricordano reazioni allergiche (es. sindrome sgombroide)
- Il glutammato monosodico quando ingerito in elevate quantità, può dare sintomi che ricordano i sintomi tipici dell’allergia, allo stesso modo i solfiti possono formare ossido di zolfo che è un gas che viene inalato durante il consumo degli alimenti ricchi in solfiti e che può causare bronco-spasmo nei soggetti asmatici.
- Deficienze enzimatiche: la deficienza dell’enzima lattasi colpisce il 10% della popolazione. La lattasi è un enzima che si trova nella mucosa gastrointestinale che degrada il lattosio, uno zucchero di cui è particolarmente ricco il latte. Se un soggetto ha una deficienza dell’enzima lattasi, il lattosio non viene degradato ma viene utilizzato dai batteri della flora intestinale come substrato di fermentazione con produzione di acidi e gas. Il risultato sono dolori addominali, rigonfiamento e talvolta diarrea (intolleranza al lattosio).
Celiachia
La celiachia o malattia celiaca è un’intolleranza permanente e di carattere ereditario al glutine, una frazione proteica di alcuni cereali – frumento (o più comunemente grano), segale, orzo, avena, farro, kamut o i loro ceppi ibridati e prodotti derivati – composta principalmente da due tipi di proteine: la glutenina e la prolammina, quest’ultima responsabile dell’effetto tossico per il celiaco; la prolamina assume nomi diversi a seconda del cereale di origine: gliadina nel caso del frumento, secalina della segale, ordeina dell’orzo e avenina nel caso dell’avena.
Mentre l’intolleranza al glutine è permanente, i sintomi possono essere alleviati eliminando il glutine dalla propria dieta. L’infiammazione si verifica quando, in seguito all’ingestione di alimenti contenenti glutine, la gliadina viene presentata ad un particolare tipo di cellule del sistema immunitario (cellule T.) L’infiammazione provoca danni localizzati ai tessuti della mucosa dell’intestino tenue, in particolare a livello dei villi che assorbono le sostanze nutritive, che si traduce in un malassorbimento di cibo e nutrienti; il quadro clinico è tuttavia variabilissimo e comprende sintomi che vanno dalla diarrea profusa con marcato dimagrimento, a sintomi extraintestinali.
La norma che regolamenta le diciture relative al contenuto in glutine negli alimenti destinati al consumatore è il regolamento europeo 828/2014, punto A dell’allegato:
1. Prescrizioni di carattere generale
- SENZA GLUTINE: La dicitura «senza glutine» è consentita solo laddove il contenuto di glutine dell’alimento venduto al consumatore finale non sia superiore a 20 mg/kg.
- CON CONTENUTO DI GLUTINE MOLTO BASSO: La dicitura «con contenuto di glutine molto basso» è consentita solo laddove il contenuto di glutine dell’alimento venduto al consumatore finale, consistente di uno o più ingredienti ricavati da frumento, segale, orzo, avena o da loro varietà incrociate, specialmente lavorati per ridurre il contenuto di glutine, o contenente uno o più di tali ingredienti, non sia superiore a 100 mg/kg.
Molti degli ingredienti impiegati nella produzione del gelato risultano essere, per propria natura e per tecniche di lavorazione, «senza glutine». Le procedure di autocontrollo messe in atto da Reire e dai propri fornitori sono tali da garantire altresì assenza di fenomeni di contaminazione incrociata.
Intolleranza al lattosio
L’intolleranza al lattosio è una condizione in cui il consumo di latte e latticini provoca una reazione avversa non allergica che si manifesta con disturbi gastrointestinali come gonfiore, dolore crampiforme e saltuaria diarrea. La colpa è da attribuirsi ad una mancanza o deficienza degli enzimi deputati alla digestione del lattosio, cioè dello zucchero contenuto nel latte e nei suoi derivati. Questi enzimi, presenti nell’ “orletto a spazzola” delle cellule intestinali e chiamati lattasi, sono responsabili della scissione del lattosio nei due zuccheri che lo costituiscono: il glucosio ed il galattosio. Il primo rappresenta il substrato energetico primario dell’organismo. Per essere digerito, il lattosio deve necessariamente essere scisso in queste due unità più semplici.
In caso di mancata scissione il lattosio non può essere assorbito dalle cellule intestinali permanendo pertanto nel lume intestinale nel quale, essendo osmoticamente attivo, determinerà un progressivo richiamo di liquidi; questo effetto, associato alla sua fermentazione da parte dalla flora microbica locale (con conseguente produzione di acidi e gas), dà origine ai fenomeni tipici dell’intolleranza al lattosio quali meteorismo, flatulenza, diarrea, nausea, spossatezza etc; tali sintomi compaiono in genere rapidamente nel momento in cui si ingeriscono cibi che contengono questo zucchero (latte, ma anche creme, panna, burro non chiarificato, formaggi freschi e bevande a base di latte).
Le norme in materia di etichettatura e di composizione che indicano l’assenza o la presenza ridotta di lattosio nei prodotti alimentari sono ancora in via di armonizzazione a livello europeo. Nell’attesa che tale armonizzazione venga operata è possibile fare riferimento a quanto stabilito dalla Nota del Ministero della Salute del 07/07/2015 nella quale si afferma:
“Data la situazione esistente, considerato anche il parere EFSA del 2010 e quello della Commissione unica sulla dietetica e la nutrizione del 12 giugno 2015, l’indicazione “senza lattosio” può essere impiegata per latti e prodotti lattiero-caseari con un residuo di lattosio inferiore a 0,1 g per 100 g o ml, in attesa che la questione venga armonizzata a livello europeo.”
Per utilizzare la predetta indicazione i prodotti in questione devono riportare l’informazione in etichetta sulla specifica soglia residua di lattosio con modalità del tipo “meno di ..”. La soglia indicata deve risultare comunque inferiore a 0,1 g per 100 g o 100 ml.
Solo per i latti e i latti fermentati può essere impiegata l’indicazione “a ridotto contenuto di lattosio” se il residuo del disaccaride è inferiore a 0,5 g per 100 g o ml. Sulle etichette di tali prodotti va riportato che il tenore di lattosio è “meno di 0,5 g per 100 g o ml”.
Per fornire una informazione precisa ai consumatori sui contenuti dei prodotti delattosati “senza lattosio” o “a ridotto tenore di lattosio”, va riportata in etichetta anche una indicazione del tipo “Il prodotto contiene glucosio e galattosio in conseguenza della scissione del lattosio”.
Per alimenti non contenenti ingredienti lattei l’indicazione “naturalmente privo di lattosio” deve risultare conforme alle condizioni previste dall’articolo 7 del regolamento (UE) 1169/2011 che stabilisce le pratiche leali d’informazione.
Il gelato senza/a ridotto contenuto di lattosio
Reire dispone di alcuni ingredienti alternativi utilizzabili in sostituzione dei derivati del latte per la produzione di gelato senza o a ridotto contenuto di lattosio o comunque destinato a consumatori intolleranti a questo zucchero:
- Proteine concentrate di soia: sono impiegabili in tutti quei sistemi alimentari in cui sia richiesto un buon assorbimento di acqua. L’ottima ritenzione idrica di questo prodotto consente pertanto un buon controllo sulla formazione e accrescimento dei cristalli di ghiaccio e sulla viscosità della fase acquosa non congelata.
- Proteine idrolizzate di riso: pur essendo dotate di un potere addensante e di ritenzione idrica inferiori rispetto alle proteine di soia presentano il vantaggio di avere un buon potere aerante e montante pertanto, se utilizzate in sinergia con dosi opportune di additivi stabilizzanti risultano ideali per la creazione e il mantenimento dell’overrun.
- Latte scremato delattosato: si tratta di un latte scremato in polvere ottenuto per essicazione di tipo spray previamente trattato enzimaticamente per ridurre il contenuto in lattosio a valori inferiori allo 0,5%. Il trattamento enzimatico e volto alla scissione dello zucchero nei due monosaccaridi componenti, glucosio e galattosio; per tale motivo il prodotto finale risulta caratterizzato da una dolcezza leggermente superiore rispetto ad un latte scremato tradizionale